È solo sesso (Racconto erotico - Capitolo 1)

Questo è il primo capitolo di una storia che è nata fra le pagine di questo blog. Doveva essere un racconto a puntate e invece, parola dopo parola, si è trasformato in un vero e proprio romanzo erotico che ha riscosso l'approvazione della casa editrice Eroscultura.com che, con mia grande gioia, lo ha pubblicato! Potete trovare il romanzo su amazon.it, nelle librerie online e sul sito dell'editore.Su questo blog, però troverete qualche... assaggio.

Se volete scoprire come andrà a finire, non vi resta che seguirmi ... Buona lettura ...


È solo sesso - Capitolo 1


Salii le scale nel silenzio di una mattina qualunque. L'ufficio era deserto, si sentiva solo il suono dei miei tacchi riecheggiare lungo i corridoi. Ero sola, gli altri sarebbero arrivati tra un'ora, ma avevo del lavoro da terminare prima della riunione delle dieci. Di nuovo.
Da qualche tempo, infatti, pareva che il nuovo capo si divertisse, con sadica insistenza, a sobbarcarmi di lavoro. Usava la scusa delle mie fantomatiche competenze e capacità, ma secondo me era solo una ripicca perché con masochistica ostinazione continuavo a respingere le sue avances, cosa alla quale non era per niente abituato, e cosa per niente semplice, da parte mia, visto il suo carisma, il suo destabilizzante fare, autoritario e adulatorio al tempo stesso, e visto il suo corpo sexy da paura.
Paura, di non essere abbastanza forte per riuscire a resistergli. Paura di rimanere intrappolata nella sua orbita di promesse di incontenibile piacere che mi attraeva come una mosca col miele.
Mi affacciai sul pianerottolo. Il suo ufficio era vuoto, la luce era spenta. Lui non c'era. Probabilmente se la starà spassando con la sua assistente di turno. Pensai.
Attraversai il corridoio sollevata di non dover fuggire da quello sguardo ardente che pareva risucchiarmi l'anima, e proseguii verso la mia scrivania, ma non appena superai lo sgabuzzino della cancelleria, una ferrea stretta mi afferrò per la vita e mi trascinò all'interno di quel camerino buio.
Non ebbi il tempo di gridare, di oppormi e nemmeno di respirare che la porta si chiuse e due labbra calde, morbide, ansiose, si scagliarono sulla mia bocca, zittendomi definitivamente.
Patrick mi aveva teso un agguato. Stufo della mia indecisione e delle mie resistenze aveva giocato la carta della sorpresa, della forza e della prepotenza. Con prepotenza quella lingua si intrufolò nella mia bocca, con prepotenza le sue mani entrarono nella mia carne, mi sbottonarono la camicetta, mi palparono i seni e violarono le mie mutandine.
Stretta in quell'angolo buio cercai di oppormi a quella furia animalesca, cercai di resistere a quell'incontenibile passione che mi stava travolgendo. Cercai di essere più forte delle mie voglie. Io ci provai, lo giuro! Ma come si fa a resistere a qualcosa di così piacevole che ti esplode nelle viscere? Qualcosa di così maledettamente eccitante da annullare tutto il resto? Non si può.
La verità, però, è che non mi opposi a quel bacio. Non cercai minimamente di oppormi a quelle labbra e a quella lingua che violavano la mia bocca, e non mi opposi a quelle mani che affondavano nella mia carne. Io volevo quel bacio, lo volevo con tutta me stessa insieme a tutto quello che venne dopo.
Mi fiondai io stessa su quelle labbra che per tanto tempo avevo finto di non volere, le divorai, le succhiai sfogando tutta l'eccitazione repressa, fregandomene di tutto quello che c'era fuori da quella porta.
Il suo profumo s’insinuava nelle mie narici, il suo sapore mi riempiva la bocca, ma io ne volevo di più. Io volevo tutto.
Litigai coi bottoni della sua camicia e vittoriosa gliela scagliai a terra. Nel buio di quello sgabuzzino non riuscii a vedere chiaramente il suo petto nudo, ma avevo talmente fantasticato su quei muscoli che non fece alcuna differenza. Le mie mani sondarono quel torso tonico, gli addominali scolpiti, le braccia tornite e la schiena possente che prometteva di reggere ore di sesso sfrenato.
Forse era proprio quel buio che aveva permesso alla parte più porca di schizzare fuori. La luce, forse, avrebbe inibito le mie pulsioni, forse. O forse no, non sarebbe cambiato nulla.
Patrick si allontanò dalla mia bocca per scorrere con le labbra tutto il mio corpo. Scivolò dietro il mio orecchio e lungo il mio collo. Il ventre mi si contorse per l'eccitazione. Lui arrivò ai miei seni, succhiò i capezzoli portando via il veleno di ogni remora, li mordicchiò incendiando le mie voglie e li titillò con la sua lingua esperta. Gemetti sopraffatta mentre le sue dita correvano sul mio ventre, intrufolandosi nel tanga e immergendosi negli umori che stavano annegando il mio sesso.
L'eccitazione si nutre di eccitazione.
Sentivo la sua voglia di me gonfiarsi fra le sue gambe e ingigantire la mia, già straripante: voglia di lui. Liberai il suo sesso dai jeans e lo afferrai. Era così fiero e vigoroso che desiderai di averlo dentro di me subito, in quello stesso istante. Ma Patrick aveva altri piani.
Mi fece salire sul tavolino dietro di me, mi sfilò definitivamente la gonna e il tanga, e si chinò fra le mie gambe. Non riuscii più a contenermi. I miei gemiti sommessi divennero sempre più forti e selvaggi esattamente come il piacere che, come una scarica elettrica, percorreva tutto il mio corpo. Godevo per quella lingua, che sapientemente si muoveva fra le mie cosce sapendo esattamente dove andar giù deciso e dove invece essere più delicato. Allargai di più le gambe per offrirgli il mio frutto prelibato in tutto il suo splendore. Volevo che lo assaporasse, che lo divorasse per l'eternità, mai sazio di me.
Mi penetrò con la sua lingua, succhiò le mie labbra, stuzzicò il perineo, coccolò il clitoride fin quando il mio piacere esplose nella sua bocca.
Il cuore mi batteva all'impazzata, avevo il fiato corto come dopo una folle corsa, ma la mia voglia di lui non era passata, e lui lo sapeva. Continuò a baciarmi delicatamente preparandomi per il piatto forte.
La sua bocca risalì il mio corpo, indugiò sui miei seni e approdò sulla mia bocca. Afferrai la sua testa trattenendolo a me, perdendomi nelle sue labbra e succhiando quella lingua, che ancora sapeva di me e che mi aveva fatto godere poco prima.
Sentivo i suoi rantoli infoiati, le sue braccia forti strette al mio corpo, le sue mani avide sulla mia schiena e sul mio seno.
Ero pronta per accoglierlo, affamata di lui, del suo corpo, del suo sesso. Volevo che mi esplodesse dentro, che godesse di me e con me. Volevo diventare per lui insostituibile e irrinunciabile.
Sentivo il suo vigore premere fra le mie gambe ancora intorpidite dall'orgasmo, la sua pelle contro la mia pelle, finché mi scivolò dentro per non uscirne più.
Reclinai la testa, inarcai la schiena in preda a spasmi di piacere che mi arricciavano le dita dei piedi. Le sue mani aggrappate alle mie cosce, il suo bacino contro il mio. Ogni colpo secco e deciso era un passo verso il Paradiso.
I miei gemiti divennero vere e proprie urla che Patrick tentò di attutire mettendomi una mano davanti alla bocca, ma in quel momento non m'importava che le mie grida di piacere si sentissero oltre quella soglia dove la luce del sole batteva sul mondo. Anzi, che sentissero pure e che assistessero a quella scopata da Oscar.
Osannai Dio e soprattutto pregai lui di non fermarsi e di scoparmi sempre più forte fin quando il secondo orgasmo arrivò con ancor più violenza del primo.
Ero esausta, ma tremendamente felice e appagata.
«Sei un porco» sussurrai maliziosa, vedendo la sua sagoma muoversi nell'ombra.
«E tu sei una gran troia - rispose avventandosi ancora sulle mie labbra - e questo lo tengo io.»
Aveva raccolto il mio tanga e se l'era infilato nel taschino della giacca.
«Ma non posso restare tutto il giorno in ufficio senza niente sotto» protestai.
«Oh, sì che puoi. - replicò - ed è proprio ciò che farai.»
Furono le ultime parole che mi disse prima di uscire da quell'alcova improvvisata e immergersi nella routine di un'altra giornata di lavoro.

Fu così che tutto ebbe inizio.

... continua


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