È solo sesso (Racconto erotico - Capitolo 2)
Ecco il 2° Capitolo del Romanzo Erotico "È solo sesso". Se vuoi sapere come tutto è cominciato leggi il 1° Capitolo.
Se vuoi scoprire se Denise cederà alle proprie voglie o se la ragione avrà il sopravvento, non ti resta che Acquistare il romanzo "È solo sesso". Le sorprese non mancheranno ... ♥
È solo sesso (Racconto erotico - Capitolo 2)
Rimasta sola, in quello sgabuzzino buio,
svestita e senza più nemmeno il tanga da mettermi, cominciai a fare i conti col
senso di colpa. Lo stesso stramaledetto senso di colpa che ti assale quando
assecondi l'istinto, quando egoisticamente ti lasci andare alle tue pulsioni
fregandotene di tutto il resto.
Prima di uscire, però, non riuscii a fare a
meno di scivolare là sotto, indugiando dove prima c'era stato Patrick. Raccolsi
i miei umori mischiati a ciò che restava della sua esplosione di piacere e me
li portai alla bocca succhiando tutto.
Scivolai mestamente fuori dallo sgabuzzino
pregando che nessuno si fosse accorto di nulla.
Se durante quell'incontenibile orgasmo volevo
che ogni essere vivente assistesse a quell'apoteosi di piacere, ora speravo di
risvegliarmi rendendomi conto che non era stato altro che un sogno.
Raggiunsi la mia scrivania cercando di essere
il più normale possibile, ma ciò che accadeva fra le mie gambe me lo rendeva
decisamente difficile. L'aria accarezzava il mio sesso umido e camminare senza
slip era terribilmente piacevole. Era come se senza quel piccolo pezzo di stoffa
la mia parte più porca fosse libera di spadroneggiare a suo piacimento.
Percorsi il corridoio sentendomi addosso gli
occhi penetranti di Patrick. Il suo ufficio dominava su tutto. Avrei voluto
essere infuriata con lui per quello che mi aveva fatto, ma non ci riuscii. Come
potevo infuriarmi con chi mi aveva fatto godere così? Me la presi invece con me
stessa e con la mia assoluta mancanza di controllo. Dov'erano finiti i miei
freni inibitori? Patrick li aveva decisamente manomessi.
Mi sedetti alla mia postazione sapendo di
essere in un ritardo pazzesco per terminare la relazione per la riunione delle
dieci. Certo il mio capo non ne avrebbe fatto un dramma, visto che la causa
della mia negligenza era proprio lui, ma come mi sarei giustificata agli occhi
dei miei colleghi? Oltretutto non ero certo nello spirito adatto per
concentrarmi su quel noioso stuolo di numeri.
Quando aprii il cassetto, però, notai una
cartellina in cartoncino verde intitolata "Relazione".
L'afferrai e l'aprii. Era esattamente ciò che
avrei dovuto presentare alla riunione. Qualcuno aveva fatto il lavoro per me.
Sollevai lo sguardo frugando fra le persiane
semi aperte che nascondevano l'ufficio di Patrick. Feci appena in tempo a
vedere la sua sagoma scura, poi si trincerò dietro quelle asticelle
d'alluminio. Era stato lui. Aveva calcolato tutto. Mi aveva assegnato
quell'incarico all'ultimo secondo sapendo che poi, per ultimarlo, avrei dovuto
recarmi prima in ufficio avendomi così tutta per sé, e io c'ero cascata come
una pera cotta.
Figlio di puttana. Pensai sorridendo.
Avrei voluto licenziarmi da quel posto. Sarei
voluta fuggire e scappare il più lontano possibile da quell'uomo perché sapevo
di non essere abbastanza forte per respingerlo, soprattutto ora che avevo
assaggiato il piacere che era in grado di darmi, ma come avrei giustificato
quella decisione? E trovare un altro lavoro in breve tempo sarebbe stato
impossibile.
No, avrei dovuto troncare tutto, potevo
farcela. Cercai di convincermi che sarei stata in grado di farlo. Ma quando
ripesavo a quegli orgasmi mi rendevo conto che non avrei più potuto fare a meno
di lui.
Lui era così diverso. Io stessa ero diversa
con lui.
«Denise è tutto ok?» I miei disordini mentali
non erano passati inosservati alla mia dirimpettaia di scrivania. Ero talmente
presa dalle mie elucubrazioni che non mi ero nemmeno accorta del suo arrivo.
«Oh, ciao Hanna, sì, sì, va tutto bene. -
mentii sfoderando il mio sorriso migliore - è solo che questa relazione mi
manda in tilt, ma ormai l'ho conclusa.» Alzai vittoriosa la cartellina verde.
«Giusto in tempo! - rispose lei, sollevata per
me - perché la riunione sta giusto per iniziare. È meglio se ti sbrighi.»
Era giunto il momento. Dovevo presentarmi a
una stramaledetta riunione di cui non me ne importava un accidente, fingendo
che quella mattina non fosse accaduto proprio nulla. Non ce l'avrei mai fatta.
«Salve Signora White. - esordì Patrick quando
mi presentai alla riunione, affogando il mio cuore con quel suo sguardo
spavaldo - vedo che è riuscita a completare la relazione. Brava, sapevo di
poter contare su di lei.» Concluse, distogliendo freddamente lo sguardo.
Mi dava del "Lei" come se niente
fosse. Mi venne la nausea.
Io mi sentivo morire per l'imbarazzo e lui,
invece, si comportava come se davvero non fosse accaduto nulla.
Non udii una parola di quella riunione. Ero
troppo impegnata ad ascoltare le mie paranoie. Avrei voluto che la sua
indifferenza mi facesse sentire sollevata, in fondo era quello che volevo: che
tutto tornasse come prima, che quella faccenda non fosse stata altro che un
singolo errore presto dimenticato. Che non mi cercasse più, che non mi
desiderasse più, che mi lasciasse in pace. Era questo che volevo, no? Invece la
sua indifferenza mi mandava in bestia. Come poteva far finta di nulla dopo la
scopata apocalittica di appena due ore prima? C'era solo una spiegazione: mi
aveva usata per i suoi porci comodi per poi scaricarmi come il seme che ancora
mi colava fra le cosce. Mi sentii umiliata, schifata di me stessa per essermi
piegata come una stupida alle mie voglie. Ero solo un altro oggetto che aveva
aggiunto alla sua collezione, un'altra avventura da raccontare agli amici.
Null'altro che questo. Una stupida puttana.
Poi notai qualcosa sbucare
dal suo taschino. Un piccolo lembo di pizzo blu: era il mio tanga.
... Continua ...
♥ by Sarah S. ♥
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