#Estratto piccante tratto dal romanzo "È solo sesso"

Mi serviva aria, mi mancava l'ossigeno, non riuscivo a respirare. Andai alla finestra e la spalancai, sperando che la brezza calmasse i miei nervi schizofrenici.
Erano troppe le verità che mi erano piombate addosso in pochi minuti. Troppe per poterle affrontare lucidamente. Troppe da sopportare.
Ma non era l'aria a mancarmi, era quella casa dai mille occhi a soffocarmi. Non restai lì un secondo di più. Scesi le scale e corsi in strada senza prendere nulla tranne ciò che avevo addosso.
Eric sarebbe arrivato da un momento all'altro e non avevo nessuna intenzione di incontrarlo, non ora.
Girovagai per le strade senza meta, vittima degli atroci pensieri che mi straziavano la mente.
Ero un gabbiano ferito e smarrito che vagava in cerca di un rifugio.
Persa nella mia solitudine attraversai la strada senza guardare, e per poco non mi feci travolgere da una moto. La sentii sfrecciarmi accanto, quasi sfiorarmi, e mi risvegliai dal mio torpore. Il motociclista rallentò fin quasi a fermarsi, poi fuggì via.
Fuggi, fuggi. Pensai. Fuggi anche tu. Ma il motociclista non si allontanò. Mi seguì senza che me ne accorgessi, mescolandosi al traffico e ai suoi rumori, percorrendo insieme a me quelle strade tanto familiari eppure ora quasi sconosciute.
Non c'era più traccia della sicurezza che avevo imparato a gustare, e nemmeno della spavalda seduzione che avevo ostentato e di cui mi ero sentita intrisa.
...
Quando una donna perde la consapevolezza della propria forza, perde tutto.
Continuai a vagare ignara dell'angelo o del demone che, a cavallo della sua moto nera, mi seguiva, finché la tasca della giacca vibrò. Ne estrassi il cellulare e vidi che era Eric a chiamare.
Non risposi. Di certo era rientrato a casa e si era accorto che avevo scoperto il suo inganno.
Il telefono squillò e squillò ininterrottamente seguendo ogni mio passo come un'ombra. Ma respinsi ogni chiamata. Avevo già troppa confusione in testa per metterci dentro anche le sue parole.
In quel momento mi accorsi del mio misterioso inseguitore. Chi era? Cosa voleva da me?
Accelerai il passo cambiando spesso direzione, ma lui non mi perse mai di vista.
Mi sedetti su di una panchina e attesi la sua mossa. Con una rapida accelerata mi sfrecciò davanti, senza però rinunciare a lanciarmi un'occhiata che pareva una mano a cui aggrapparmi.
Il suo viso era quasi interamente celato dal casco, ma quegli occhi avevano la luce spavalda e avida tipica di chi si sente il padrone del mondo e di chi ancora non si sente addosso il peso degli anni.
La t-shirt aderiva sui suoi muscoli tonici come una seconda pelle. La forza e la mascolinità selvaggia che trasudava erano enfatizzati dall’idea di impulsività e libertà che trasmetteva la moto che cavalcava. Chi sceglie il precario equilibrio delle due ruote non fa calcoli. Prende la vita come viene senza lasciarsi sfuggire le opportunità più succulente.
In quell'istante, decisi.
Volevo dimostrare a Eric, a Patrick e soprattutto a me stessa che non ero una pedina nelle loro mani, ma che ero padrona di me stessa, della mia vita e del mio corpo e che ero libera di provare piacere con chiunque volessi. Calzai di nuovo i panni dell'infallibile seduttrice e camminai ancheggiando fino a raggiungere il motociclista fermo al semaforo. Gli lanciai un'occhiata carica di promesse e scivolai in un vicolo chiuso, dove perfino il sole si rifiutava di entrare. Era il retro di un locale notturno che a quell'ora era ancora deserto. Il rombo della moto riecheggiò in quello stretto cunicolo, rimbalzando sui muri sgretolati fino a trafiggermi le tempie.
Se ne stava fermo, a cavallo della sua moto, pronto a fuggire, stritolato dall'incertezza, scervellandosi su cosa quella pazza di fronte a lui avesse in mente. Era indeciso se restare o no, ma in quegli occhi fiammeggianti lessi tutta la brama e il desiderio che lo stavano trascinando fra le mie gambe.
Mi voleva, eccome se mi voleva e sentii il piacere di sentirmi irresistibile, scorrermi nelle vene e ammorbidire i miei movimenti.
Quell'uomo avrebbe potuto essere chiunque: un assassino, il mio vicino di casa, un cameriere, un sadico violentatore, ma non m'importava. Per me, in quel momento era ciò che mi serviva per rivendicare la mia libertà.
Ancheggiando lentamente mi avvicinai a lui. A ogni passo sollevavo un po' la gonna finché scoprii le mie labbra affamate. Poi mi fermai, in mezzo al vicolo, e infilai le dita fra le mie gambe. Enfatizzando i miei gemiti, le immersi nel mio miele. La gonna era sollevata fino alla vita ed entrambe le mie mani erano fra le mie cosce e si muovevano fra quei pertugi e quelle valli guidate dall'estremo desiderio di godere fino allo sfinimento.
Il mio fiore pulsava d'eccitazione, fremeva per il desiderio di essere penetrato da quello sconosciuto. Sentivo il piacere rasentare il limite del non ritorno. Sarebbero bastati pochi colpi per farmi vedere le stelle. Così levai le dita e le portai alle labbra, succhiandole.
Lo sconosciuto non si trattenne più. Scese furiosamente dalla moto scaraventò il casco per terra, liberando una folta chioma corvina, e si precipitò da me.
Avevo decisamente scelto bene. La sua avvenenza era indiscutibile e il vistoso rigonfiamento nei pantaloni smascherava una verga dalle dimensioni decisamente sopra la media.
Si slacciò la cintura e quel dardo schizzò fuori dirompente pronto a trafiggermi. Lo afferrai con entrambe le mani e lo massaggia scivolando sulla sua pelle già umida.
Lui mi afferrò le natiche con avida bramosia, io gli saltai in braccio e mi conficcai la sua verga fra le gambe. Mugolai sentendo quel dardo strofinarsi fra le mie pareti e farsi strada dentro di me. Lui con due passi mi appoggiò con la schiena contro il muro e iniziò a scoparmi rantolando famelico. Il suo respiro carezzava il mio collo, il suo profumo legnoso si intrufolava nelle mie narici. Afferrai i suoi capelli e dondolai in bilico su quella verga, sentendo il piacere crescere, divorarmi le viscere, impadronirsi della mia voce fino a riempirmi per esondare in un urlo che, riecheggiando in quel vicolo deserto, pareva voler raggiungere Eric e Patrick, ovunque fossero.

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